Il 12 e il 13 giugno 2011, gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi solo su tre quesiti referendari. Con una improvvisa ritirata strategica, il governo Berlusconi ha deciso, alla luce del disastro giapponese e delle ripercussioni dello stesso sull’opinione pubblica, di annullare attraverso decreto legislativo l’intero impianto normativo con il quale si dava esecuzione ad un nuovo piano energetico fondato sul nucleare. Una goffa marcia indietro che trova ragione nella consapevolezza di una sconfitta annunciata ma che certo non mette a riparo il Paese da eventuali ripensamenti sull’opportunità di ricorrere al nucleare.
In tal senso, la posizione dell’esecutivo e della maggioranza di centrodestra appare quanto meno ambigua: se da un lato si blocca l’esecuzione del piano energetico varato con grande determinazione solo qualche mese orsono (scelta questa dettata dalla necessità di far fronte ad un’opinione pubblica emotivamente coinvolta dagli accadimenti di Fukushima), dall’altro si afferma massima determinazione a perseguire con finanziamenti alla ricerca sul nucleare, al fine di indagare nuove e più sicure tecnologie. Il no al nucleare dei democratici era e resta per sempre. Finchè la scienza non contemplerà il governo della fine di ciò che crea, non c’è alternativa a questa posizione. In tale contesto, la lettura politica di quanto avvenuto sul nodo nucleare, ci riconsegna, ancora una volta, la realtà di una classe dirigente, quella che oggi governa a Roma come in Campania e in Irpinia, priva della benché minima coesione programmatica. Tanto più ai livelli territoriali dove il vestito dell’alleanza programmatica mal cela l’assoluta assenza di coerenza politica: quando il trasformismo primeggia, non c’è bussola e non c’è orizzonte.
AMERIGO FERRARA
RESPONSABILE PROVINCIALE AMBIENTE GIOVANI DEMOCRATICI
ROBERTA SANTANIELLO
RESPONSABILE PROVINCIALE AMBIENTE PARTITO DEMOCRATICO
VALENTINA PARIS
RESPONSABILE REGIONALE AMBIENTE PARTITO DEMOCRATICO
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